Occhi sul Giappone con una mano sul cuore

Guardo e ascolto gli aggiornamenti che arrivano dal Giappone squarciato dall'urlo della natura: mi colpiscono gli sguardi della gente terrorizzata, ma così composta e dignitosa carica di un dolore che sembra esser spinto all'interno. Al sentire del rischio di una Chernobyl 2, il mio pensiero è andato subito ai ribattezzati superpompieri, gli eroi infagottati nelle tute ed esposti per ore alle radiazioni con la consapevolezza di poter morire. Kamikaze per la patria.

Mi è venuta in mente anche una mostra vista nel 2009 a Milano per un web magazine. Tra le opere esposte c'era anche questa foto di Ryuji MIYAMOTO

Ryuji MIYAMOTO, Kobe after the earthquake, 1995

Avevo scritto questo sulla mostra:

Nippon Kōbō. Sguardi sul Giappone
Occhi puntati a Oriente e non solo - Milano - Spazio Forma
Di Maria Teresa Melodia

Un tributo alla terra del Sol Levante attraverso le foto di 13 fotografi giapponesi, tutte provenienti dal fondo della “Dai Nippon Printing” della Maison Européenne de la Photographie di Parigi.
L’esposizione collettiva "Nippon Kōbō. Sguardi sul Giappone"è stata inaugurata a Milano il primo di luglio in una affollata serata estiva. La mostra è a cura di Alessandra Mauro e Pascal Hoel, con il patrocinio del Comune di Milano e del Consolato Generale del Giappone a Milano.
“Nippon Kōbō” significa Laboratorio Giappone ed è il nome di uno dei primi gruppi di fotografia giapponese fondato nel 1933 da autori come Ihei Rimura, con l’intento di cogliere un nuovo punto di vista per osservare la moltitudine di sfaccettature del proprio paese. La mostra raccoglie tredici diversi sguardi che sono tredici diverse interpretazioni della realtà, dagli anni Cinquanta del 900 ad oggi. Una panoramica che propone le opere degli autori più significativi della storia della fotografia nipponica. Come ha dichiarato la curatrice Alessandra Mauroun percorso affascinante e unico, che presenta per la prima volta i tesori giapponesi del fondo della Maison Européenne de la Photographie di Parigi. Dove lo sguardo spazia dalla rappresentazione del paesaggio all’am-biente urbano, dai temi dell’identità personale al rapporto con la tradizione”.
Tredici sguardi d’autore ad opera di Ihei Kimura, Eikoh Hosoe, Hiroshi Sugimoto, Nobuyoshi Araki, Ikko Narahara, Shoji Ueda, Daido Moriyama, Ryuji Miyamoto, Hiroshi Yamazaki, Naoya Hatakeyama, Miyako Ishiuchi, Taiji Matsue, Shomei Tomatsu.

Ihei KIMURA, Young men, Niida Akita, 1952

Realismo, sensibilità ed emozioni, l’orrore della guerra e lo spettacolo del corpo, approcci concettuali e concreti, tra fotografia personale e fotografia di reportage. Sono questi i diversi volti di una terra distante mostrati grazie a diverse angolature, approcci e stili.
Nella prima sala si incontrano fotografie di una semplicità raffinata, quella delle “dune di Tottori" fotografate da Shoji Ueda. Palcoscenici di sabbia che rendono i soggetti ritratti protagonisti. Da un Giappone tradizionale si passa nella grande sala per immergersi con Shomei Tomatsu nel dramma della Seconda Guerra Mondiale e delle ferite della bomba a Nagasaki, segni che rimarranno sulla pelle del Giappone come una cicatrice indelebile.

Shoji UEDA, Papa , mama and children, 1949

Nobuyoshi Araki, riconosciuto a livello mondiale, noto e controverso, predilige la fotografia personale, fatta di istanti privati di quotidianità, viaggi sentimentali che intraprende fotografando la moglie in un diario del loro viaggio di nozze (Sentimental Journey) e poi con la cronaca della malattia mortale ( Winter Journey) che la colpisce. Sulla figura femminile che spesso ritrae afferma:
“Dirò una cosa che potrà sembrare estrema, assurda: io non so nulla circa la natura delle donne. Tutte sono diverse, ognuna ha il suo fascino e per questo io le fotografo. Attraverso l’obiettivo cerco di estrarre l’essenza delle cose e, nel caso delle donne, ciò che esse sono, il loro vivere quotidiano, oppure la loro sessualità. Tutte però sono diverse l’una dall’altra, e per questo io continuo a scattare”.
Significativo è ciò che dice Eikoh Hosoe, che affronta il tema dello spettacolo legato al corpo:
Per me la fotografia può essere simultaneamente un documento e uno “specchio” o una “finestra” di espressione di sé…La macchina fotografica è generalmente considerata incapace di raffigurare ciò che non è visibile all’occhio, tuttavia il fotografo che la usa in maniera appropriata può rappresentare ciò che esiste, invisibile, nella sua memoria”.
Le opere parlano di una nazione multiforme, pur devastata da atrocità quali la bomba atomica e i terremoti, ma con l'universale necessità di esprimere se stessa attraverso l’abilità dell’artista di rendere appunto visibile ciò che non è tale per rappresentare ciò che è nella sua mente.
L’estate milanese non è solo giapponese, infatti altre due esposizioni sono presenti negli spazi di Forma: un appassionante reportage di Marco Vacca sui rifugiati del Darfur, del Ciad e del Sudan e “Tokyo in eclisse” di Daniele Dainelli, lavoro fotografico, ispirato dall’Eclisse di Michelangelo Antonioni, sul fascino del presente nella Tokyo del nuovo millennio.

Daniele Dainelli, Tokyo, 2007. Veduta notturna della facciata di un grattacielo


Di Maria Teresa Melodia
mariateresa.melodia@gmail.com

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