Dov’è il futuro dei giovani meridionali?

L’articolo di Giovanni Marinetti, pubblicato ieri dal magazine della Fondazione FareFuturo, propone un’interrogativo che, tristemente, si ripete da anni – Ma perché al Sud la politica non pensa ai giovani? Nel meridione c’è il boom dei giovani “NEET”(not in education, employment on training), ovvero circa 500.000 anime, che non studiano, non fanno training professionale, non lavorano. Quale futuro per i giovani meridionali? Secondo Francesco Delzìo, autore del libro La Scossa. Sei proposte shock per la rinascita del Sud, siamo di fronte a una “generazione bruciata, uno spreco inaccettabile di capitale umano e di vite individuali”.E i politici? Indifferenti. Stanno a guardare, fino a quando non arriva la campagna elettorale e parlare di giovani e lavoro porta voti.

Serve, come invoca Marinetti, che la politica inizi a parlare a quei giovani di progetti seri e convincenti. Serve che la politica arrivi prima delle mafie, proprio perché un bacino di ragazzi-zombie è la più grande vittoria delle mafie, è la dimostrazione che lo Stato ha fallito. Per questo, urgono dalla politica risposte concrete, che si chiamano opportunità, per quei ragazzi che decidono di non abbandonare il proprio territorio, per offrire a chi resta l’occasione di un cambiamento, non solo economico. Proprio sul divario culturale tra nord e sud, sono usciti, recentemente, su La Stampa, i dati della Fondazione Giovanni Agnelli, dai quali emerge un’Italia spaccata in due sul tema dell’istruzione: i giovani meridionali hanno un anno e mezzo di ritardo nella preparazione rispetto a quelli del Nord e sanno quello che sa uno studente immigrato. Oggi è un dato di fatto: nascere al Sud punisce gli studenti. Ed è una vergogna, perchè in una società democratica, il diritto a una buona istruzione è la condizione primaria per la libertà.

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