E SIA PASQUA DI RISURREZIONE

Copio e incollo quanto scrive la tastiera fumantina di Girolamo Melis, che tra le sue regolari invettive senza peli sulla lingua, ritaglia una finestra per invocare una vera Risurrezione, quella che stiamo aspettando da tempo, in tutta Italia: "E SIA PASQUA DI RISURREZIONE IN ABRUZZO. SCOPERCHIAMO LE TOMBE CHE I MOSTRUOSI POLITICANTI HANNO CALATO SULLE ANTICHE E GIOVANI SPERANZE ABRUZZESI
…il prossimo 6 Aprile, non sia giorno di Lutto ma di Risurrezione. Diamo Vita a nuovi incontri per una Politica Nuova, una nuova Comunità. Prepariamoci a sostituire tutte le vergognose Classi Digerenti e Aspiranti-Digerenti, dal PdL al PD, dall’osceno IDV agli irresponsabili Grillismi. Diamoci Appuntamenti di Vita. Ci conosciamo. E, se non ci conosciamo, ci riconosceremo. Buona Pasqua"
Colgo l'occasione per ringraziare Girolamo del suo attacco lusinghiero apparso qualche giorno fa nel suo blog e pensando al 6 aprile abruzzese mi ritorna in mente quanto avevo scritto qui, di getto.

Se una notte d'aprile

di Maria Teresa Melodia


Pubblicato su nokoss.net - 13/04/2009


E’ improvviso e beffardo il ballo che si scatena in piena notte e che non cessa, né rallenta il suo ritmo, ma senza tregua procede e incalza, sordo e inarrestabile, sotto la pioggia dei calcinacci e delle urla disperate.

Essere svegliati improvvisamente da un tonfo fragoroso, in balia di movimenti incontrollabili che sconquassano le pareti ed il cuore.

Ci ho pensato molte volte in questi giorni. Insistentemente e inevitabilmente.

Andare a letto come ogni sera e non svegliarsi più.

Andare a letto come ogni sera e aprire gli occhi acceccati dalla polvere che soffoca.

Andare a letto come ogni sera e alla mattina trovarsi nello spaseamento più assoluto, nell’impossibilità di ritrovare le pantofole slittate chissà dove.

Andare a letto come ogni sera e, se si è stati fortunati, ritrovarsi il giorno dopo completamente persi, con il petto stretto stretto a sé, gonfio di una desolazione senza linee di confine.

Andare a letto come ogni sera e in piena notte ripiombare alla vita con le ossa rotte, per poi stringere forte i pugni in una corsia di ospedale.

Andare a letto come ogni sera e alla luce del giorno tuffare la propria faccia nelle braccia dei cari miracolosamente salvati e abbassare gli occhi rossi e pesanti per coloro che invece sono rimasti intrappolati in quel ballo scatenato.

Si è scavato con le mani per giorni, perché farlo con delle pale sarebbe stato un attentato omicida a quelle dita, che sporche e stremate, dopo ore ed ore, sono riapparse sotto i cumuli di case sbriciolate.

Cinque famosi registi hanno girato dei video, hanno ripreso la distruzione del cemento disarmato, le rovine, i suoni, gli spettri delle abitazioni e i paesi svuotati con pochi gatti che gironzolano furtivamente ed esseri umani che aspettano non si sa cosa; lo spazio è invaso dal dolore e dagli occhi degli sfollati che si contengono con una dignità esemplare, quella di chi è attaccato alla propria terra. Sono occhi di gente che strabocca di forza e che ricaccia indietro le lacrime che spingono per uscire dalle fessure colme di orgoglio, tra tendopoli e macchine-cuccette.

Ci sono stati quasi 300 morti e altri ne spunteranno.

A leggere e a sentire le notizie dell’Apocalisse abruzzese il respiro si blocca.

Oggi ho spiato. Ho navigato sul sito del quotidiano “Il Centro” e come un becchino ho scorso gli occhi tra le centinaia di nomi, che come in un cimitero virtuale, sono racchiusi lì, man mano aggiornati con i nuovi arrivi.

Infatti, online, per ricordare i morti del sisma, è stato fatto un database, con nomi, cognomi, età, luogo di nascita e di morte, nazionalità e sesso, a volte la foto, le storie individuali di persone che non conoscevo e ora non potrò più incontrare. Oggi li ho guardati tutti, o quasi, ad un certo punto non ce la facevo più. C’erano tante ragazze della mia età, anno 1984, o molto più piccole.

Un database della memoria, le cui schede sono ancora molto sommarie, c’è tutta la grande famiglia che viveva ogni giorno la sua vita in quella terra.

Ci sono padri e madri di famiglia, anziani e giovani, ci sono bimbi e ragazzi, studenti fuori sede venuti dai comuni vicini, fidanzati rimasti sotto alle macerie; c’è Noemi - trentenne studiosa e grande appassionata di teatro - c’è Sandro morto con la figlia ventenne; c’è nonna Giuseppa scomparsa insieme al nipote Fabio di 22 anni, che aveva studiato agraria e che lavorava nella piccola azienda agricola dello zio e che l’indomani sarebbe andato a raccogliere il mais. C’è Alessandra, la ragazza dalla voce limpida diventata il simbolo di tutti i giovani sogni spezzati dal terremoto del 6 aprile: studiava Giurisprudenza, ma il canto era la sua passione, sotto le macerie sono morte anche la mamma Patrizia e la sorella Antonella, futuro notaio, tornata in Abruzzo solo per il fine settimana, morta dopo quattro giorni di coma. Il papà è l'unico sopravvissuto. Alessandra aveva inserito l'ultimo video su YouTube poche ore prima della sua morte. E Ferzan Ozpetek le ha dedicato un video, per sempre.

C’è Giuliana, ingegnere elettronico di 46 anni, morta abbracciata al suo bambino di soli nove anni; dopo la primissima scossa, Giuliana era andata a dormire con il figlio dai genitori di lei, per stare più tranquilla, non poteva sapere che casa sua sarebbe rimasta in piedi, mentre quella dei genitori sarebbe crollata su se stessa. Poi c’è Valbona, 13 anni, che faceva parte della grande comunità di macedoni che vivono a Poggio Picenze da oltre 15 anni. Valbona è stata la sola persona che il padre Madi non è riuscito a salvare dalle loro case del centro storico di Poggio Picenze. Il papà ha salvato 11 persone tirandole fuori con le mani nude, ma la figlia è volata via.

Quello che se n’è andato ha lasciato una voragine: tanti progetti frantumati assieme ai calcinacci, tanti figli strappati ai genitori- quanto di più innaturale ci possa essere- tante famiglie sventrate.

Quello che rimane è la felicità di esserci e poter raccontare l’amore per la vita risparmiata, ricongiungimenti tra gioia e commozioni, tanti corpi strappati alla morte grazie a braccia instancabili, tanta solidarietà vera - non solo euforica efficienza, strette di mano da show, promesse grandiose - ma tanta unione e tanti abbracci come quelli tra i Macedoni e gli Aquilani vicini nella sfortuna.

In questi giorni questa gente ha dovuto subire anche l’ulteriore martirio di certi giornalisti e delle loro domande retoriche ed inutili, che andavano ad appiccicarsi all’ overdose di "news" che non aggiunge niente. E come scrive un sempre acuto Michele Serra nella sua Amaca “ il terremoto diventa palinsesto, l'emergenza diventa format”. La calamità è l’occasione per mercificare la sofferenza degli uomini, farne spettacolo.

E ora è gia tempo di reagire e ripartire. Di proporre rapide soluzioni.

Di farsi delle domande. Da quasi 4 mesi erano state registrate quasi 200 scosse con epicentro a L'Aquila e dintorni; perché queste avvisaglie non hanno provocato allarme? Forse nel nome del motto "Non creiamo allarmismi"?

Anche queste risposte fanno parte, assieme alla ricostruzione e alle leggi,

della lealtà dello stato verso la comunità di appartenenza.

Commenti

Girolamo Melis ha detto…
Bene. Ciò che penso tu non sappia, è che il mio dito sull'Abruzzo non è accademico né dialettico. Ho lavorato per liberare l'Abruzzo dalla precedente Classe Digerente. Gianni Chiodi mi chiamò e io preparai una durissima strategia affinché Lui fosse scelto come "Governatore di Casa Abruzzo" in quanto Persona di Qualità, e non come rappresentante del PdL. Anche se con l'appoggio di S.B.
Fu una vera vittoria di una concezione del Prendersi Cura e non del Prendere il Potere. Diventai - come forse puoi immaginare - il Nemico Numero Uno della genìa di succhiaprebende, di feudatarietti, di parassiti e di politicanti, e soprattutto dei suoi "amici". A vittoria conseguita, Gianni non fu capace (non è un Politico) di affermare la sua Responsabilità difronte al suo Popolo, e cadde nella rete inimmaginabile dei mascalzoni "perbene". Dopo il Terremoto cercai di rimettergli in mano il Piacere della Responsabilità. Si mostrò ricco di volontà. Non ce l'ha fatta. In questo preciso momento, io ho una squadra, una cordata di amici veri, di alleati forti e seri, di progetti concreti e lungimiranti, ma ormai si è cagato in mano.
Ecco ciò che significa la preghiera pasquale.
Ciao. Giro