Italia, Paese di serie C

C: avete letto bene. Alessandro Rosina, docente di Demografia e autore insieme a Elisabetta Ambrosi del saggio Non è un paese per giovani (Marsilio), dal sito La Repubblica degli Stagisti, definisce l’Italia un Paese di serie C, quando si guarda al Meridione, di serie B nel caso del Nord. La serie A? Di certo è fuori dai confini nazionali, dove ci sono invece le opportunità che mancano in un Paese per giovani che deve ancora arrivare, che si aspetta, benchè le potenziali ci siano. Un Paese nel quale il flusso migratorio Sud–Nord si acuisce: “Secondo i dati Istat, tra i laureati meridionali che a tre anni dal conseguimento del titolo hanno un lavoro, il 40% si trova al Nord. Di questi, circaquattro su dieci hanno ottenuto una votazione di 110 su 110”, sottolinea Rosina. E così, chi è in C (il Sud) vuole passare in B (il Nord), chi è in B, in gamba e di talento, vuole andare in A, e allora? Succede che parte, per approdare nel mercato internazionale e aggiungersi ai cervelli in fuga, come ha ricordato di recente Irene Tinagli.
E succede che i talenti arrivati in serie A non vogliano più retrocedere. Davanti a loro “maggiori guadagni, ma anche la maggior disponibilità di risorse e finanziamenti per svolgere al meglio il proprio lavoro, oltre che il maggior riconoscimento delle capacità dei singoli e un progresso di carriera più trasparente e meritocratico”, prosegue Rosina.
Ma possibile che le capacità non vengano valorizzate, che, per usare un termine calcistico, la campagna acquisti migliore la facciano gli altri? “Maggior investimento in ricerca e sviluppo; un welfare che promuova i comportamenti virtuosi dei singoli; un mondo del lavoro meno ingessato ed inefficiente; un sistema culturalmente più aperto all’innovazione e alla formazione del capitale umano”, è la risposta del docente. In sintesi: attenzione alla qualità del capitale umano e alla sua valorizzazione per una maggiore competitività.
E chi di dovere se ne rende conto? L’ultimo “fuggito” lo racconta La Provincia Di Varese: Pietro Ceccuzzi, 32 anni, laureato, specializzato, ricercatore dell’università dell’ Insubria di Varese. Ha detto basta: piuttosto che la fame da biologo, meglio andare nella vicina Svizzera a lavorare come maestro in una scuola media per 3.000 franchi.
Pubblicato su Campus.it

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