Chef Rubio personaggio dell’anno: «La soddisfazione più grande? Le mie ricette nella lingua dei segni»

Personaggio dell’anno
Non vuole essere etichettato come personaggio, ma di fatto lo è. Proprio per il suo essere, dal 2013, un outsider, provocatore e viaggiatore, con il programma tv “Unti e Bisunti”(su Dmax). Un po' alla Anthony Bourdain, chef newyorkese e volto televisivo a caccia di cucine nascoste sulla CNN. Lui è Chef Rubio, classe 1983, romano di Frascati, nome d’arte di Gabriele Rubini, fresco vincitore nella sezione - Cuochi e pasticceri - del Premio “Italia a Tavola - Personaggio dell’anno dell’enogastronomia e della ristorazione”,  orchestrato il 2 aprile 2016, a Firenze, dal giornalista Alberto Lupini.

Ex rugbista ironico, dal linguaggio vivace,  diplomato alla scuola di cucina Alma, Chef Rubio, ormai da tre stagioni, scopre in tv il migliore street food nazionale, tra storie di cuochi, cuoppo napoletano, pane ca' meuza siciliano e lampredotto fiorentino. Seduto su un divano a parete, tra stucchi dorati e affreschi, nel Salotto Giallo del neoclassico Palazzo Borghese, si guarda attorno circospetto, imprigionato nell’elegante abito scuro con giacca e cravatta. In occasione della premiazione fiorentina che lo ha visto protagonista, ci ha raccontato la sua idea di cucina: un modo per parlare di integrazione, educazione alimentare, lotta agli sprechi, sostegno ai più deboli. E identità, come quella che porta sulle mani, sulle quali ha tatuato le parole fish & chip: «È diventato un piatto nazionale in Gran Bretagna, ma lo hanno portato i genovesi e i veneziani, soprattutto in Scozia. L'ho fatto per non dimenticare le origini»

Ricette nella lingua dei segni
Il cuoco romano di Unti e Bisunti trasuda veracità e compostezza, commentando la propria popolarità, non senza prima aver rassicurato il suo ufficio stampa di non rimanere presente a fissarlo - non dico nulla di sconveniente - : «Rappresento un punto di rottura rispetto a quello che finora la gente aveva visto in tv, racconta. Sono naturale. Il fatto che al momento sono sovraesposto non mi turba più di tanto. E’ come fare quello che facevo prima all’ennesima potenza, anche se a volte sono stanco. Non snobbo le classifiche popolari. Sono contento, ma siamo talmente tanti cuochi che giornalmente dovrebbero premiarne più di uno». Le vere soddisfazioni? «Quelle che vengono dai medici con i quali concepisco piatti studiati per i pazienti che si sottopongono a cure oncologiche, all’ospedale Bambino Gesù di Roma o quando autoproduco video ricette nella LIS, la lingua dei segni italiana. Il primo, nel 2015, che trovi in rete, era sulla cacio e pepe»

Cucina in carcere
«È più bello vedere uno sorridente di fianco. Tutti dovrebbero migliorare le cose. Essere positivi può essere contagioso, specialmente grazie al web che può fare molto». È questo che spinge Gabriele verso progetti sociali: «Mi occupo di iniziative nelle carceri, che siano incontri, lezioni di cucina, dimostrazioni per le persone che sono lasciate senza dignità, né speranze nei penitenziari fatiscenti italiani. Sono stato al carcere Le Vallette di Torino, alla Casa circondariale a La Spezia e spero di fare qualcosa a Roma»

La gavetta di un ex rugbista
Fino al 2011 Gabriele Rubini era un rugbista professionista, poi un infortunio al ginocchio ha dato lo stop, ma la cucina era già entrata nella sua vita, durante un trasferimento in Nuova Zelanda, prima, poi con l’iscrizione nel 2010 all’Alma fondata da Gualtiero Marchesi. «Ho lavorato in cucine sempre in modo errante, dalla Corea al Canada, dalla Finlandia alla Nuova Zelanda. Quando ho imparato e non ho più niente da ricevere me ne vado, non continuo per amore della meccanica». E poi è arrivato il web: «Ho iniziato con dei video diversi rispetto al mondo della cucina delle autorità della tv che dicevano tante fesserie. Volevo dare un altro punto di vista alle persone». Tra il rugby e la cucina? «È più tosto il primo. L’importante è avere entusiasmo. Se hai una mente e un corpo allenato, le cose difficili le superi e ti concentri sul bello delle situazioni: l’esecuzione di un piatto, la cottura corretta, il servire nel modo giusto il commensale»

Dal web alla tv
Unti e Bisunti, ideato dalla casa di produzione Pesci Combattenti, scova oltre che cibi semplici della tradizione di strada, vere e proprie persone con carattere: «Sono quelle che hanno qualcosa da raccontare. Gli autori, che si sono occupati di cucirmi il vestito addosso, sono stati intelligenti nel non volermi imporre nulla se non quello che desiderassi raccontare. Questo ha fatto la fortuna del programma. I miei interessi emergono in maniera reale. Volevo raccontare il vero, qualcosa che sta scomparendo per colpa di quelle persone che ho sfidato con i miei primi video sul web»

Street food, un mondo da scoprire
«Grazie al programma ho scoperto quanto siano sbagliati i pregiudizi. Benché abbia girato più di metà mondo, alcune realtà nostrane non pensavo potessero essere così potenti, il Nord Italia in primis. Lo street food è un mondo talmente interessante che si rischia di non finire mai di raccontarlo. Le tradizioni locali sono tante, ma è una corsa contro il tempo, perché le grandi multinazionali se le mangiano». Il mio obiettivo? «E’ anche quello di puntare l’attenzione su certi temi, agendo con i piccoli produttori informando le persone del fatto che invece che mangiare cibi apparentemente appetitosi, dietro l’angolo c’è uno che fa un panino buono da pochi euro che prima ignoravano». Se lo street food fosse solo una moda? «Non sono sempre contento dei prodotti venduti nei carretti, ma lo sono dell’occupazione, specie tra i giovani. Bisogna lasciare andar le mode. Se sono forti, si strutturano, se sono effimere, purtroppo, siamo spacciati»

Un’accademia del cibo di strada a Parma
“Non ci ho messo solo la faccia , ma anche due borse di studio per gli studenti migliori.” Chef Rubio sostiene la neonata Street Food Academy di Forma Futuro, affermato ente formativo pubblico di Parma, la prima struttura italiana dedicata alla formazione e all'inserimento professionale nel settore del cibo di strada. E’ un progetto accademico gratuito rivolto a disoccupati. Il primo corso, con un massimo di una ventina di iscritti, parte il 20 aprile per una durata di 600 ore

Le regole della lotta agli sprechi alimentari: conoscere
“Il cibo va consumato, non buttato. E’ una questione che mi ha sempre interessato, prima ancora che la proposta di legge antisprechi andasse alla Camera e poi passasse al Senato, prima che i nostri cugini francesi la facessero diventare legge. In Italia per anni sì è voluto che la gente sprecasse cibo, alimentando le logiche di smaltimento. Con questa legge sarà più facile donare". Modi per non sprecare il il cibo? Conoscendolo, studiando e incuriosendosi. Solo così sai come mantenerlo, come non farlo andare a male e non essere costretto a ricomprare troppo spesso".

Dal frigo all’appetito, da gestire
"È importante poi controllare cosa c’è in frigo per capire cosa cucinare per avere risparmio economico e risparmio ambientale. E poi bisogna saper gestire l’appetito. Sapere quanta fame si ha e che tipo di sazietà ci danno gli alimenti: meglio privilegiare i cereali e le fibre rispetto ad alimenti zuccherini e grassi come merendine, che creano dipendenza"

La motivazione e il senso di sazietà
Infine per combattere gli sprechi a tavola è utile porsi una domanda: "Chiediamoci perché mangiamo? I pasti consumati di corsa ci fanno male. Non ci fanno concentrare, ci nutriamo ma non c’è il godimento del cibo. Con l’illusione di aver assaporato siamo pronti al prossimo boccone. Ne deriva una mancanza di sazietà, un sovrappeso e un eccesso di cibo richiesto e mai consumato"

Cuochi e cucine. Ecco cosa piace a Chef Rubio
E dove  mangia Chef Rubio? “Ho tanti di amici stellati, ma a volte i media hanno bisogno di qualcosa da raccontare e creano dualismi che non ci sono. Amo la cucina e non potrebbe essere altrimenti". Maestri? Strada facendo se ne incontrano tanti. Il mio è Alessandro Breda, da cui vado spesso, al ristorante Gellius di Oderzo, vicino a Treviso. Poi mi diverto ad andare a mangiare da Retrobottega, Gradma, Marzapane a Roma, Trippa a Milano, dove invece, se voglio bere vado da Bove’s, dal mio amico Oscar Quagliarini, che è uno dei più forti bartender"

Cosa bolle in pentola?
O meglio cosa c’è nel bicchiere, visto che i progetti di chef Rubio sono nel mondo del bere: “Collaboro con il miscelatore Edgardo Fontana. Stiamo lavorando in laboratorio a degli abbinamenti cibo e alcolici. Un’offerta che stiamo sperimentando e che si avvicina al mondo delle tapas. L’ abbiamo chiamata “Miniature Project”, una serie di assaggi complementari al bere, che ha un retaggio culturale italiano legato ai miei viaggi. Si parte dal piatto e la componente gastronomica contagia il cocktail, come se fossero abbinati, un sorso e un morso. E magari…un'autobiografia potrebbe essere interessante, ma non c'è ancora nulla di definito"

La giusta dose
“Il cibo è sempre stato presente nella mia vita, da quando sono ragazzino, tra mia madre, nonna, zia, come capita in tante famiglie del centro-sud ma anche al Nord". Il cibo buono e sano? E’ la giusta dose. Un po’ di tutto fa bene. Meglio privilegiare i cereali alla carne, ma se mangi bene puoi fare degli strappi alla regola, consentendoti anche cibi più grassi come il fritto, che se fatto bene, fa tutt’altro che male»

Per una fidanzata non c’è tempo
Eclettico e creativo, le passioni di Chef Rubio vanno dalla musica ai viaggi, fino all’ultima, quella per la fotografia analogica. E poi la regia di documentari. Tra tv, tre mesi l’anno ed eventi che siano pranzi o cene, non si ferma mai, vive il lavoro quasi come una vocazione, con dedizione. E, malgrado il favore nei suoi confronti, diffuso nel pubblico femminile, ammette: “Non ho tempo di pensare ad altro fuori dalla cucina e ai miei interessi. Per il momento lascio da parte gli affetti, anche se a volte ho bisogno di staccare”. Infatti, sui suoi profili social, molto attivi e seguiti, si dedica ai fotomontaggi. Alcuni, davvero divertenti.

Intervista pubblicata sul Corriere della Sera

Di Maria Teresa Melodia
mariateresa.melodia@gmail.com

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