Visioni/I Sorrisi e i Veleni di Paolo Poli: “Questa non è più la mia Italia”

Pubblicato su Affaritaliani.it

A 81anni Paolo Poli, libero mattatore di teatro, calca le scene contagiando con dissacrante ironia il pubblico che lo segue con affetto. Dopo la tappa milanese al Teatro Elfo Puccini, lo spettacolo Il Mare, tratto dai racconti di Anna Maria Ortese, è al Teatro Eliseo di Roma fino al 6 febbraio. Tra canzonette, figure, figurine Poli balla leggiadro sulle note dell’immancabile Perrotin dietro a un cappello di paglia da signora bene. Poliedrico e trasformista alterna i costumi sfavillanti di Santuzza Calì. Sullo sfondo le scene di Emanuele Luzzati giocano con la pittura del 900, e quattro boys ballerini si muovono sulle coreografie firmate dall’amica Claudia Lawrence.

Tra citazioni colte e amare constatazioni, l’attore toscano, pungente e garbato, racconta un’Italia che non c’è più e riflette su quello che rimane con il suo inconfondibile stile anticonformista. Ha definito Anna Maria Ortese la Karen Blixen italiana… “Ne ho dette tante…quando faccio una piccola scheda da mandare ai vari culturali dei paeselli devo metterci dei nomi altisonanti e anche molti. Ho cominciato mettendo Dante, Ariosto, Tasso, per finire a Kafka e Joice, perché non tutti sono qualificati. Così se trovano un nome di interesse magari mi pigliano lo spettacolo in quel paesetto, Santa Maria di sopra o San Faustino di dietro”.

Il titolo Il Mare come nasce? “L’ho scelto perché è semplice e perché in tutti i piccoli racconti prodotti dall’autrice nell’arco di tanti anni, dagli anni ‘20 agli anni ‘70, c’è il mare. Tra i tanti raccontini io ne ho presi 12, sei li faccio io a monologo come fossi l’autrice stessa che racconta e altri sei li ho sceneggiati alternandoli alle canzonette, che sono anche una mia nota di forza, perché laddove la gente non sa nulla, con le canzonette, alcune belle e alcune mostruose, faccio un quadro di epoca. Perché la noia è il nemico peggiore del teatro”.

Porta sul palco un’Italietta. In confronto l’Italia di oggi che effetto le fa? “Mah, io non sono filosofo, da artista racconto il come, non il perché! Che voi che veda! Ormai sono un cadavere, l’epoca mia è il ‘900, sono ottuagenario”.

Ma questa Italia di oggi l’annoia o…? “Mi avvilisce perché ci vivo dentro, non sono un turista che passa dal finestrino del treno o dell’autobus e poi sono uno che deve fare i conti con i soldi dell’incasso. Io non sono un Teatro Stabile che piange sui tagli. Non ho emolumenti pubblici, sono un privato e quando strappano i biglietti al teatro quella è la fonte del guadagno”.

Come sta la cultura nel nostro paese? “Trovo che ci sia abbastanza calo, anche nel pubblico. Quando mi sono avvicinato al teatro erano gli anni ’60, c’era una voglia di fare, la televisione si sperava fosse un nuovo linguaggio, invece è un brutto cinema alquanto migliorato dalla bella pubblicità come diceva Flaiano”.

Una società dell’immagine, pieno di donne scosciate, rifatte, un po’ tutte uguali.. lei invece è rimasto con il suo aplomb…. “Ho conosciuto delle donne che oggi sembrerebbero delle virago. Erano donne di cultura: la Bellonci, la Elsa Morante, la mia amica Laura Betti. Oggi la tv non la guardo, perché non ce l’ho, poi lavoro in quegli orari e quando non lavoro vado al cinema e a vedere gli amici che fanno altri lavori. Oggi si è perduta la professionalità: la prima ragazza che muove un po’ i fianchi diventa prima ballerina, anche perché ci son le macchine che riproducono cento volte e sembra di vedere una schiera di cigni selvatici. Una volta c’era una qualità che si è perduta”.

Oggi cos’è che la diverte? “Lavorare è una cosa che piace, ma è anche una maledizione della Bibbia, sicché c’è sempre una percentuale di fatica e di noia anche nel lavoro, anche perché c’è una perdita di professionalità in tutti i campi. Per trovare un facchino, dei tecnici è una tragedia. Oramai la falce e il martello non ci sono più, né sulla bandiera né nelle mani degli operai. Tutti vogliono usare il computer e non il martello. L’artigianato va a morire e siccome le grandi industrie vanno a produrre nei paesi dove costa meno, la manodopera perderà sempre di più”.

Riderci sopra per salvarsi ? “Questa è stata la filosofia di Arlecchino, ma si ride verde, come gli ecologisti insegnano”.

Segue l’informazione? “Sì, ma sempre più si dà importanza alla sciatta cronaca, allo zio che ha violentato la nipotina, ai bambini che ammazzano la mamma. Un modo per distrarci dai guai nazionali direbbe Mussolini”.

Dove andrà finire questa politica? “Ma non c’è più. S’è sperduta. Vedi bei signori vestiti tutti in blu con cravatte che si parlano addosso e la gente poi preferisce Emanuele Filiberto di Savoia che balla”.

In caso di elezioni, andrà a votare? “Sì, io voto sempre, ho sempre votato a sinistra, sperando che il sol dell’avvenire illumini. Ma bisogna buttarsi sulla cultura invece che dimenticarla. Quello che ci insegnano i nostri governanti invece è di far soldi. Garibaldi non fu mai un latifondista, io ho sempre avuto affetto per Garibaldi perché è stato una figura indipendentista come Mazzini. E Mussolini molto astutamente si è fatto chiamare duce come si era fatto chiamare Garibaldi. Mussolini… un cavaliere ante-litteram. Io sono nato nell’anno del Cavaliere sotto le leggi vaticane, nel ‘29, con Pio XI che lo definì l’Uomo della Provvidenza e con l’Uomo della Provvidenza la lascio, speriamo bene”.

Paolo Poli Il Mare Fino al 6 febbraio 2011

due tempi di PAOLO POLI da Anna Maria Ortese con Mauro Barbiero, Fabrizio Casagrande Alberto Gamberini, Giovanni Siniscalco scene Emanuele Luzzati costumi Santuzza Calì consulenza musicale Jacqueline Perrotin coreografie Claudia Lawrence regia PAOLO POLI

martedì, giovedì, venerdì ore 20.45 mercoledì, domenica ore 17.00 sabato ore 20.45 TEATRO ELISEO via Nazionale, 183 00184 Roma Info: 06 4882114 | 06 48872222 info@teatroeliseo.it

Di Maria Teresa Melodia
mariateresa.melodia@gmail.com

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