Citysumers, l’era del consumatore urbano alla conquista della città

Pubblicato su Affaritaliani.it


Ricche di contatti e opportunità, le città fungono da calamita, attirando flussi continui di talenti e innovazioni: Tokyo e New York, per esempio, hanno un PIL comparabile a quello di Canada o Spagna. La nuova sfida del consumo arriverà dai grandi agglomerati cittadini: entro il 2050 la popolazione urbana sarà il 70% del totale. Se il business vorrà crescere, dovrà essere pronto a soddisfarla. Le città indiane potrebbero generare il 70% di nuovi posti di lavoro entro il 2030; l’economia di Shanghai rappresenta il 13% del prodotto interno lordo cinese, ospitando meno del 2% della popolazione del paese asiatico.


La città come terreno di cultura del consumo - L’osservatorio Trendwatching spiega come attualmente “urban culture is the culture”, quindi, dalla città non si scappa: le nuove tendenze nascono e si sviluppano nell’area urbana, luogo in cui i nuovi consumatori, denominati “Citysumers” ( city+ consumer) cercano in continuazione nuovi canali, nuove connessioni, con una continua voglia di sperimentare e di lanciarsi in nuove esperienze. Il risultato di questo dinamismo urbano si riflette nell’emergere di una nuova classe media, circa 2 miliardi di persone, potenzialmente pronte a spendere 6,9 trilioni di dollari l’anno. Un esempio è la comunità cinese che in poco tempo è passata da una mentalità della “sopravvivenza”, in cui si spendeva solo per lo stretto necessario, ad un’attitudine più possibilista: il 54% dei cinesi è ormai desideroso di avere uno stile di vita più ricco e diversificato. “Oggi le città tornano ad essere luoghi di produzione di nuove tendenze”, dichiara ad Affaritaliani.it il sociologo Francesco Morace, che pone l’accento sulla dimensione urbana come laboratorio di nuovi stimoli. Le città di punta? “Sicuramente San Paolo del Brasile, Mexico City, Città del Capo, Sidney e Melbourne in Australia, Mumbai e Bangalore dove c’è la Silicon Valley indiana produttrice di ingegneri e programmatori con più di 10 milioni di abitanti”. Insomma tutti laboratori a cielo aperto che si affiancano a quelle che per anni sono state le capitali della moda e del design come Londra, Parigi, Tokyo. La novità è che altre città più alla periferia del mondo sono al centro della scena: “San Paolo, sottolinea Morace, è oggi la città più interessante del mondo, la più vivace e creativa, dalla pubblicità al design, con un mercato in grande sviluppo, entusiasmo e anche demograficamente una popolazione molto giovane in un paese che non ha vissuto la prima modernizzazione degli anni ‘60-‘70 che ha invece caratterizzato l’Occidente, i paesi europei, gli Usa e il Giappone. Una fase di terza modernità oggi coinvolge le economie emergenti, e il cosiddetto Bric (Brasile, Russia, India e Cina) anche se la Russia è un po’ in affanno”.


Cittadini orgogliosi e always on. Ecco i Citysumers - “L’Urban Culture è sicuramente un macrotrend che vede le città come centri propulsori energetici del pianeta e allo stesso tempo centri di gravità di servizi e luoghi, spiega ad Affaritaliani.it Elena Marinoni, Managing Director dell'Istituto di ricerca sui consumi GPF. Ma chi sono questi nuovi consumatori? “In termini di comportamenti, precisa Marinoni, sono persone in cui prevale un urban pride, ovvero l’orgoglio di essere abitanti di una città, con un potere di spesa più alto e un maggiore grado di informazione rispetto ad altre aree. In secondo luogo sono cittadini attivi, interessati a sfruttare le varie occasioni di vivere il contesto urbano e infine, caratteristica molto importante, sono sempre connessi, always on, attraverso smartphone, iPhone, iPad”. Una popolazione mediamente giovane, connessa e curiosa, di venticinque - trenta- quarant’anni che vive le città come fossero siti web, “ma non solo, aggiunge Morace, è una generazione molto coinvolta che comprende anche i senior e una classe sociale varia, in virtù di quella rivoluzione tecnologica che ha prodotto oggi una grossa democratizzazione dei consumi. Tutti oggi hanno i cellulari, dai ragazzini agli immigrati. Viviamo quindi un’estensione di privilegi che prima era riservata ai più ricchi”. La rete diventa il terzo braccio per sfruttare le possibilità delle città e viceversa: “In certe città, racconta Morace, è come se ci fossero delle porte virtuali per entrare nel web. A San Paolo, per esempio, il wifi è molto esteso, ci sono negozi nei quali con il tuo cellulare puoi raccogliere informazioni. In Australia ci sono percorsi turistici nei quali se inquadri un determinato monumento ti viene raccontata tutta la sua storia. E’ una tabella a doppia entrata: la città ti introduce nel mondo del web e il web ti permette di vivere la città in un modo nuovo”. Quello che Google Earth attraverso applicazioni che permettono di orientarsi in città e luoghi ha capito prima di altri: l’incontro tra il reale e il virtuale. Più una città è grande, più è ricca di quartieri e stimoli, più si presta a questa sorta di caccia al tesoro che riproduce l’attività sul web.


Eco - urban, la frontiera dei brand di successo - Questi concentrati di attività e consumi sono quindi la chiave di lettura delle tendenze moderne, e in quanto tali, non possono che evidenziare una delle numerose opportunità del nostro tempo: “Go Eco-Urban”, la tendenza che sta facendo diventare le città luoghi di sviluppo sostenibile ed eco-innovazione. “Molti brand oggi sviluppano prodotti ad hoc per questi cosiddetti citysumers secondo strategie di marketing che vanno a declinarsi in modo dedicato a certi tipi di pubblico con caratteristiche precise”, sottolinea Marinoni. La dimensione social è sicuramente cruciale in termini di consumo. I social network vengono vissuti sia online che offline. “L’esempio più lampante, continua Marinoni, è il successo di Foursquare che celebra gli hotspot di una città e ad oggi è senza dubbio il social network più capace di raccontare questo fenomeno fatto da flussi di persone che si muovono, fanno il check-in in certi luoghi con una dimensione ludica molto accentuata che contribuisce a mettere in rete persone che non si conoscono ma che frequentano gli stessi luoghi della città”.


Per i consumatori urbani infatti molti fenomeni sono mediati della rete, un altro esempio è rappresentato dal crowd-buying in città e “la case history più emblematica è sicuramente, come aggiunge Marinoni, il fenomeno Groupon CityDeal”, ovvero un portale dove si pubblicano giorno per giorno gli “affari” che si possono fare in città e che attraverso forme di associazionismo di consumatori possono arrivare a un prezzo molto più basso per servizi che di solito hanno standard di lusso. Sono queste dinamiche che fanno scoprire servizi della città poco conosciuti creando occasioni di supersconti dal 60% in su, legate al benessere, al cibo e a corsi di formazione atipici. Insomma, di nuovo, occasioni che fanno perno sull’essere cittadini. “La grande maggioranza delle marche, precisa Morace, si sta comunque muovendo in questa dimensione, a seconda del settore merceologico”. Il mondo delle auto lavora da tempo sulle city car e sulle forme di sostenibilità legate al vissuto in città con maggiore attenzione ai materiali. Ci sono poi aziende nel mondo del retail, come Muji, che da tempo dà spazio alla dimensione urbana del consumo. Tucano Urbano in Italia è un altro esempio di brand che nasce e si sviluppa sull’idea di chi si sposta in città e quindi propone accessori pratici per le moto. “Tutto il mondo dell’abbigliamento sportivo, sottolinea il sociologo, da Nike ad Adidas presta sempre maggiore attenzione agli sport urbani praticati in città e di conseguenza si trova a modificare su questi binari lo stile e la propria comunicazione”.


La tendenza in Italia – Nel nostro paese tutto orbita attorno a Milano e Roma dove certamente si concentrano cittadini che vogliono fruire della città con servizi diversificati, ma in futuro, come avvisa Marinoni, questo fenomeno contagerà le altre città italiane oltre ai grandi capoluoghi. “Di certo, osserva Marinoni, finora seguendo l’esempio positivo di marketing territoriale attuato da New York, Milano ha sfruttato le potenzialità del contesto urbano durante la settimana di Salone del Mobile nella quale ha saputo comunicarsi, attraverso un’operazione di brandizzazione, come capitale del design nel mondo, sviluppando un proprio merchandising”.


In generale a livello di marketing e comunicazione, tutte le strategie di guerrilla e marketing non convenzionale sfruttano il trend della cultura urbana. Un brand mondiale come Starbucks ha fatto ricorso (posizionando dei bicchieri di caffè su dei taxi, grazie a un magnete) a questo tipo di comunicazione che fa leva su situazioni che avvengono in città. Lo stesso vale per le strategie di retail dei temporary store che creano situazioni di shopping come fossero degli eventi speciali e ciò appaga il desiderio di essere continuamente sorpresi in città. “A livello di brand, conclude Marinoni, sono le multinazionali ad aver sviluppato questa attenzione ai mercati locali poichè più le marche sono globali più sono tenute a risolvere l’alone negativo di standardizzazione che c’è intorno a loro”. Da Nike a Prada, che per esempio ha realizzato borse con scritto Capri, fino alla stessa McDonald’s, i brand stanno imparando a modulare i propri prodotti sulla base dei cittadini con i quali parlano. In conclusione, nuovi linguaggi e nuove realtà estetiche stanno caratterizzando il mercato italiano, basti pensare alla crescente comunità sviluppata attorno agli appassionati di ciclismo in città, così come alla comunità crescente attorno allo skateboard fino ad arrivare al parkour. Cosa suggerire agli uomini di marketing? “Analizzate il fenomeno, assorbite gli aspetti di immaginario legati a un certo tipo di esperienza culturale, ma state attenti a contestualizzare il tutto”, avverte Morace. 

Di Maria Teresa Melodia
mariateresa.melodia@gmail.com

Commenti

MBerton ha detto…
Ciao Maria Teresa!

Veramente eccezionale!

Questo post mi stato veramente utile!



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