Crowdsourcing. Progetti di gruppo. Da Ridley Scott alla Farnesina fino al Pranzo di Natale

User Generated Content, crowdsourcing e co-creation. Ma anche intelligenza collettiva, creatività low cost, modello win-win. Parole che stanno entrando nel vocabolario del calderone comunicazione, dall'advertising al giornalismo. Ma cosa c'è dietro?

Il film Life In A Day, la storia di un giorno sulla terra attraverso i contributi degli utenti di You Tube, è l'esempio di crowdsourcing che più ha avuto risonanza. D'altronde è stato prodotto da Ridley Scott e coordinato dal regista premio Oscar, Kevin McDonald. Termine sintesi delle parole “crowd”, folla, e “outsourcing", il crowdsoursing si realizza quando una compagnia, un brand, un’istituzione affida a un numero indistinto di persone organizzate in una comunità virtuale la produzione di attività prima affidate ai dipendenti (come per primo ha definito Jeff Howe). Il modello alla base è molto semplice: si indice una call to action, ovvero un invito aperto corredato da un brief con cui si chiede agli utenti di mandare un video, un progetto, un'idea con le specifiche del caso. Il vincitore si aggiudica il premio in palio che può essere in denaro o corrisposto in visibilità o in altri benefit.

Per Life in A Day sono stati raccolti migliaia di ore di materiale e ne è nato un documentario presentato con successo al Sundance Festival. Si può vedere tutto, gratis, sulla piattaforma da cui è partito. Qui, con tanto di contributi, reazioni, pillole un anno dopo.


E dopo Scott, é arrivata anche la call to action di un altro big: Wim Wenders che ha chiesto ai suoi discepoli "Quante cose si possono dire, mostrare, raccontare in un secondo?". Da qui parte The Beauty of a Second, concorso online riservato a video lunghi un secondo, appunto. Un concorso promosso da Montblanc, marca che sull'idea e sul valore del tempo ha costruito la sua storia. E lui, Wenders invita propro ad "afferrare il secondo che ti sta più a cuore e ad immortalarlo da filmmaker"

Prima ancora del cinema, è proprio il mondo della pubblicità e dei marchi, sempre alla ricerca di idee usa e getta da vendere, ad aver sfruttato la pratica del crowd. Insomma, non fa una grinza: si attinge ai contributi creativi della folla per poi amalgamare il tutto sotto un disegno corente e definitivo.

E da qui nasce un ragionato scetticismo: ma, in mancanza di idee nuove, fior fiori di signori, con l'arte della maieutica, le vanno a fregare a menti in cerca di visibilità, a un costo minimo per poi dare il loro tocco finale e voilà...?

Indubbiamente, il crowdsourcing può contenere questa matrice furbescamente ladra, ma è anche espressione dell'evoluzione della comunicazione che si muove sempre più sui binari della condivisione e della partecipazione.

I progetti in crowdsourcing cominciano ad essere tanti: sono tutti raccolti qui ( consiglio di dare un'occhiata ad Eppela, a You Capital, a Zooppa) Proprio quest'ultima, piattaforma specializzata nel 'user generated advertising' ( ovvero campagne pubblicitarie realizzate dagli utenti del web) è stata scelta dal Ministero degli Affari Esteri che ha avviato un contest per l'ideazione della nuova immagine dell’Italia nel mondo. Qui il brief). Poi ci sono casi che hanno fatto un buco nell'acqua, come BootB, presentato come un marketplace della creatività da Pier Ludovico Bancale, spalleggiato da Matteo Marzotto e altri grossi nomi dell'imprenditoria italiana. Una realtà ormai morta o in standby da parecchi mesi, con tanto di reclami e richiesta di spiegazioni sulla relativa pagina Facebook.

Il modello si estende anche alla creazione di programmi per il piccolo schermo e ad oggi, la piattaforma più usata di video crowdsourcing è Userfarm, gestita da The BlogTv, società fondata da Bruno Pellegrini, che collabora anche con la Rai, e a cui avevo fatto qualche domanda qui.

Insomma, rivoluzione o fregatura? Pratica di pochi sgamati a danno di altri in cerca di gloria? Certamente ci sono delle regole che vanno rispettate. Stefano Torregrossa nel suo e-book gratuito "Masse Creative - Il fenomeno crowdsourcing: rivoluzione o fregatura?" affronta la questione. Si può scaricare qui.

Mi piace citare anche un interessante caso di diffusione del sapere, a scopi non commerciali, questa volta nel campo dell'informazione giornalistica, che fa riflettere sulle potenzialità della condivisione attraverso i social network: si chiama Year in hashtag e cosa sia lo spiega bene Arianna Ciccone qui.

E, dopo cinema, pubblicità, informazione, anche la moda con Bruce Weber guarda al crowdsourcing. Cliccate qui.

Infine, in periodo natalizio, segnalo anche una piccola casa di produzione, Marechiaro Film, che ha realizzato Un Pranzo di Natale, un docu-film di Antonietta De Lillo, unione di frammenti della vita di molte persone. Un film partecipato da guardare qui e qui. Pezzo per pezzo, giorno per giorno. Il film intero sarà disponibile dal giorno di Natale.

Ecco il video con Bea e Gabriele che raccontano la loro festa carina...

Di Maria Teresa Melodia
mariateresa.melodia@gmail.com

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