Carne rossa, sei consigli per comprare quella giusta

La tribù dei carnivori consapevoli? Va in macelleria
Se è vero che la tribù dei vegetariani e vegani è in crescita, è altrettanto vero che chi ama la carne è sempre più consapevole e attento a ciò che mette sotto ai denti. Dopo l’allarme dell’Oms sulla carne rossa potenzialmente cancerogena e tutti i dubbi sugli allevamenti intensivi la domanda che ci poniamo è: come facciamo a sapere se la carne che acquistiamo è buona? Come facevano le nostre nonne, guardando in faccia chi ce la vende, in macelleria.  Questo è il punto di partenza per Gian Pietro Damini, macellaio da quattro generazioni che ad Arzignano (Vicenza) gestisce, insieme al fratello chef Giorgio, la prima macelleria con cucina premiata con una stella Michelin. La filosofia dei due fratelli è molto semplice: vendono e mettono in tavola ingredienti prima di tutto sani. Perché la bontà viene da lì. Tra massime come «Bisogna sconfiggere la cultura del filetto. La bestia se è buona, è buona tutta» e «Bisogna dedicare tempo alla spesa come si fa dal parrucchiere perché da qui parte il nostro benessere interiore», Gian Pietro Damini spiega come scegliere la carne di qualità, che consiglia di consumare due, tre volte a settimana. Ecco a cosa stare attenti, e da Giorgio Damini, anche qualche dritta in cucina



Chiacchierare con il macellaio
Il contatto umano. Da quello non si scappa, ancora una volta, anche e soprattutto quando facciamo acquisti. Si parte dalla persona che vende la carne, il macellaio, che deve essere di fiducia. «Bisogna sceglierlo e costruirci un dialogo, entrare in confidenza», consiglia Gian Pietro. Quali domande fare? Quali sono i segnali per riconoscere se è uno di cui fidarsi? «Parlandoci si capisce se ha uno o più allevamenti di riferimento, meglio in Italia, dove acquista la carne e come questi trattano gli animali, che devono essere rispettati e non stressati anche nell’alimentazione». Capire l’origine di ciò che mettiamo nel piatto è infatti il modo più semplice per sapere cosa mangiamo

La scelta del taglio
«Se il macellaio non usa tagli di anteriore abbandonatelo», continua Gian Pietro. «Infatti, le fettine di coscia vanno benissimo, ma è importante scegliere non solo i tagli più pregiati come il filetto. I tagli buoni non sono solo quelli costosi. E il macellaio deve saper educare e informare il cliente. Sono ottime le polpette, l’hamburger, i tagli da bollito misto che sono sette - cappel del prete di manzo, guanciale, lingua, doppione, coda, cotechino, testina e gallina - ma potete usarne anche di meno. Tagli che io non chiamo poveri perché costano meno: sono perfetti per l'uso che se ne fa. Per esempio per preparare una grigliata, oltre alla costata con o senza il filetto, potete acquistare anche tagli meno conosciuti, come il roastbeef alto»

La carne deve profumare
«Il profumo della materia prima, così come quello del brodo, è fondamentale, indica qualità. Consiglio sempre di assaggiare la carne senza condimenti e avvicinarla al naso. Deve avere un profumo dolce. E non deve perdere acqua»

Occhio al colore
«Il bravo macellaio sa come mantenere la carne nel banco frigo. Guardate il colore della carne dietro la vetrina. Vi rendete conto subito se costicine di maiale, braciole, salsiccia, luganega, spiedini, ma anche i tagli teneri, come tagliata e filetto, hanno un bell'aspetto. La parte grassa inoltre non deve mai mancare»

E in cucina...
Un modo veloce, ma anche sfizioso per cucinare la carne? Giorgo Damini suggerisce: «Il barbecue, ma consiglio di non effettuare tutta la cottura sulla griglia. Per esempio, io cuocio l’hamburger prima in forno e poi lo finisco sulla brace, dove prende solo il profumo, senza avere il retrogusto bruciato che non è sano»

La presentazione alternativa
Un maniera, diversa dal solito, di accompagnare la carne è quella di accostarla a gelatine o salse che arricchiscono il gusto, come ha fatto Giorgio Damini durante la sua masterclass a «Cibo a regola d'arte», la kermesse gastronomica del Corriere della Sera: «Mango, ananas e lampone sono un’ottima combinazione. Prendo ad esempio la mostarda mantovana o cremonese che si fa scaldando zucchero e frutto ben maturo»

Articolo pubblicato sul Corriere della sera


Di Maria Teresa Melodia
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